Nuova centrale a biogas a Cordenons, Frattolin (M5S): «No alle speculazioni sulla pelle dei cittadini. La politica deve aiutare gli agricoltori a riprendersi in mano il loro destino»

  • Articolo pubblicato:9 Luglio 2013

Interessanti nella loro crudezza i contenuti approfonditi l’altra sera al Circolo culturale Aldo Moro di Cordenons nel corso del convegno organizzato dal MoVimento 5 Stelle di Pordenone sull’utilizzo delle centrali a biogas, cui hanno partecipato, in qualità di relatori, il perito Graziano Ganzit, agricoltore, ex presidente Aprobio ed esperto di agricoltura sostenibile, Roberto Miglioranza, del comitato di San Foca che si batte contro l’installazione di una nuova centrale nella piccola frazione di San Quirino e il consigliere regionale M5S Eleonora Frattolin che ha esordito spiegando che «l’incontro è nato con l’intento di raccogliere le preoccupazioni dei cittadini, sulla nocività di questi impianti, e di molti amministratori, che si sentono disorientati davanti alla normativa regionale del settore.

Al momento – ha precisato Frattolin – la decisione sulle autorizzazioni è totalmente delegata ai sindaci, ma non pare che questi abbiano sempre le conoscenze o, quantomeno, le informazioni sufficienti a valutarne l’impatto e le conseguenze sul territorio.

L’ultimo stop – per fortuna – è arrivato pochi giorni fa proprio dal Comune di Cordenons che ha stoppato un impianto biogas sul territorio magredile».

L’approfondimento delle soglie critiche (sotto 1 megawatt non è necessaria la Valutazione di Impatto Ambientale) è stata uno dei tempi principali della discussione, perché un conto sono i piccoli impianti aziendali che riciclano i sottoprodotti e gli scarti aziendali, un altro conto sono i megaimpianti che si vanno ovunque profilando sotto mentite spoglie.

Altro punto di approfondimento è stato quello suglieffetti dell’uso del digestato come fertilizzante, sia in termini di pericolosità per la salute che di irreversibile impoverimento dei terreni.

Graziano Ganzit, dopo un rapido riepilogo su agricoltura sostenibile e questione Ogm, ha posto invece l’accento sull’ormai ineluttabile asservimento degli agricoltori alle logiche delle grandi aziende.«In un mondo post industriale sempre più in crisi, dove il riappropriarsi dell’agricoltura costituirebbe per i cittadini un forte elemento di ritrovata identità e coesione, la risposta dell’agroindustria è sempre la stessa: produrre più energia – ha detto Ganzit -. E l’uovo di colombo è diventato quello di utilizzare biomasse di colture (non più semplicemente letame, liquame o altri sottoprodotti) per alimentare questa idrovora verde che vorrebbe chiamarsi “energia rinnovabile” pur non avendo nulla di sostenibile».

 

«Ecco il motivo per il quale l’agroindustria – ha aggiunto – mette sotto pressione il mondo agricolo, già storicamente in difficoltà, gonfiando i prezzi degli affitti e accaparrandosi fette di terreno a prezzi poco più che agricoli, sui quali svolgere attività quasi esclusivamente industriali, facendo strame dei suoli con l’utilizzo smodato di fertilizzanti per ingrossare la biomassa e per ingrassare l’alleata agroindustria della chimica».

«In questo ambito – ha ricordato Eleonora Frattolin – la politica deve aiutare l’agricoltore-cittadino a riprendersi in mano il proprio destino. Un destino fatto di sicurezza, sostenibilità, genuinità, ma anche reddito dignitoso. Da qui la necessità di ridiscutere un nuovo modello agricolo a tutto tondo».

Roberto Miglioranza ha inoltre raccontato come, da mesi, il comitato di San Foca stia combattendo contro la nuova centrale. Sono state fatte innumerevoli richieste al sindaco Della Mattia, chiedendogli perché abbia autorizzato a cuor leggero una struttura di così grandi dimensioni. Preso atto dell’immotivata riservatezza del primo cittadino sanquirinese, è bastato un esame del conto economico di una centrale di tal genere per ottenere tutte le risposte: il tornaconto è pari a quasi il 30% della spesa complessiva sostenuta.

«In buona sostanza – ha detto Miglioranza – si tratta dell’ennesima speculazione sulla pelle dei cittadini, travestita da innovazione per farla sembrare più digeribile, utilizzando l’esca dell’incremento del reddito aziendale, senza spiegare che, per raggiungere certe soglie di convenienza, occorrono dimensioni aziendali che nessun agricoltore può permettersi. Ma sulle conseguenze inquinanti tutto tace. Lo testimonia la richiesta di utilizzare nella centrale anche il mais contaminato da aflatossine, notoriamente cancerogene».

Insomma, non importa cosa si brucia: l’importante è bruciare qualcosa e creare energia pari a 45 automobili che, giorno e notte, girano su e giù per San Foca sotto lo sguardo attonito… dei lampioni.

 

 

 

Roberto Toffolutti

addetto stampa MoVimento 5 Stelle del Friuli Venezia Giulia